Caserma dei vigili del fuoco di Versciaco

A San Candido apre la caserma dei pompieri minimalista di Pedevilla Architects

Completato l'intervento firmato dallo studio altoatesino frutto di un concorso lanciato nel 2011
La nuova caserma dei vigili del fuoco di Vierschach firmata dallo studio Pedevilla Architects - Foto: Gustav Willeit

Il 2016 inizia in Alto Adige con la nuova Caserma dei Vigili del Fuoco di Vierschach, frazione del Comune di San Candido, realizzata da Pedevilla Architects (Brunico) con lo studio di ingegneria Bergmeister (Varna) in seguito al concorso di progettazione bandito nel 2011 dall'amministrazione comunale. I cantieri, portati avanti con l'impresa Bettiol di Treviso, sono iniziati alla fine del 2014 e sono durati poco più di un anno. La struttura, articolata su due livelli per un totale di 734 metri quadrati, è costata circa 2 milioni e 200 mila euro ed è stata finanziata dal Comune, dalla Provincia di Bolzano e della Ripartizione Protezione antincendi e civile.

L'intervento è il tassello di un più ampio mosaico che vede diversi studi locali impegnati nella progettazione di altrettante nuove sedi destinate ai vigili del fuoco, spesso di pregevole qualità architettonica. Frutto di concorsi di progettazione banditi dalle amministrazioni comunali, spesso finanziati anche dalla Provincia autonoma di Bolzano, questi progetti esprimono un'attenzione particolare nei confronti del paesaggio con il quale dialogano attraverso la scelta dei materiali, le soluzioni formali, l'interazione concreta fra i volumi di nuova costruzione e il corpo delle montagne. È il caso, per esempio, della Caserma dei Vigili del Fuoco di Magrè, opera di Gerd Bergmeister e Michaela Wolf, dove l'architettura penetra la roccia ricavando al suo interno gli spazi destinati alle attività dei vigili. Dalla roccia sporge una lastra nera e ruvida in calcestruzzo e segatura di carbone ligneo, come una nuova quinta che introduce a un audace e ben calibrato rapporto fra la natura e l'ambiente costruito. Ancora, nella Caserma a Fleres di Roland Baldi -impegnato nel frattempo nella realizzazione di un'altra caserma all'interno del Centro di Protezione a Renon- il dialogo con il paesaggio è affidato a un massiccio rivestimento costituito da gabbioni di rete metallica contenenti grosse pietre di un luogo noto per la sua delicata situazione geologica e idrologica. In primavera, poi, sarà pronta la Caserma di Eores, per la quale Christian Schwienbacher ha immaginato un tetto verde.

L'intervento di Alexander e Armin Pedevilla colpisce per il suo aspetto monolitico e per la sua impronta fortemente materica. Entrambe le caratteristiche registrano la presenza della montagna, alla quale sembrano fare eco. La caserma è costituita da un volume dalle linee contemporanee, che non concede nulla al linguaggio folcloristico delle tipiche costruzioni locali, e che al tempo stesso, in virtù della sua schiettezza, è capace di stabilire un rapporto di interazione con l'ambiente severo del contesto alpino. Del resto, fra i motivi che hanno spinto i fratelli Pedevilla, under 45, a rientrare in Alto Adige dopo la formazione all'Università Tecnica di Graz, c'è proprio la volontà di esercitare l'architettura contemporanea nel paesaggio alpino di origine, per dimostrare come nuovi linguaggi siano possibili anche in zone di montagna remote, dove prevale un contesto architettonico legato alla tradizione. La quantità e la qualità dei primi ottenuti negli ultimi cinque anni (oltre una dozzina), a livello nazionale e internazionale, dimostra come la loro sfida sia stata pienamente superata con successo.

Elementi forti del progetto sono il trattamento della superficie di rivestimento e la sua colorazione: concepita in calcestruzzo alleggerito con l'aggiunta di aggregati leggeri, la pelle dell'edificio si presenta di colore rosso tendente al bruno, con un effetto di scoloritura voluta che mette in risalto le irregolarità e le venature del materiale. Anche le porte, le finestre e la scala esterna, in metallo verniciato a polvere, contribuiscono a definire l'atmosfera di questo scenario cromatico. Da un lato il colore di partenza rende evidente e afferma l'identità del volume, dall'altro la scelta di sbiadirlo e scurirlo annulla ogni velleità autoreferenziale.

(Articolo di Francesca Oddo sul Quotidiano del Sole 24 Ore Edilizia e Territorio del 10 febbraio 2016 )

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